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"Gerusalemme Liberata": Rinaldo

 

Rinaldo, eroe di parte cristiana, viene presentato nella Gerusalemme Liberata nel canto I tra le ottave 58 e 60. Rinaldo è l'eroe estense, (essendo figlio di Bertoldo, a sua volta figlio di Azzo IV d'Este) e al suo primato è affidato il compito di encomiare i signori di Ferrara. Nel suo personaggio sono presenti gli aspetti più noti della tradizione cavalleresca: la sua figura ripropone quella del Rinaldo che Tasso pubblicò in età giovanile, nel 1562. Nel canto XVIII, dopo essersi liberato dalla magia erotica di Armida, a cui cede per un eccesso di prestanza e di imprudenza, lo si ritrova alle prese con la foresta di Saron, su ordine di Goffredo. Prima di affrontare la selva che le forze infernali hanno occupata per impedire ai cristiani di rifornirsi di materie prime, Rinaldo è obbligato da Pietro l'Eremita a purificarsi con i riti santi: troppo recente è per lui il ricordo della sensualità di Armida per affrontare le tentazioni della foresta senza il rischio di soccombere. La selva incantata è un luogo di false apparenze, dov'è inscenato tutto ciò che può far smarrire la coscienza del cavaliere. Rinaldo si aspetta quindi di essere spaventato da mostri, mentre i diavoli muovono tutti gli elementi che rinnovano gli incanti del giardino di Armida, in un paesaggio idillico, rassicurante e per questo ancora più insidioso. La stessa Armida (una sua falsa immagine), compare a tentarlo con parole che ricalcano quelle del loro recente addio: «porgi la destra alla mia destra almeno» (ottava 32, v.8), ma Rinaldo, rinforzato ormai nella prudenza e nell'intenzione, sconfigge il falso simulacro e i successivi che sotto le sembianze di giganti, fulmini e terremoti, tentano un'estrema resistenza. Vinto così l'incanto della selva, egli è pronto a prestare aiuto alle schiere cristiane nell'ultima faticosa battaglia contro i pagani. Lo ritroviamo al canto XX, in cui mette in mostra la sua eccezionalità di combattente: «Diè più morti che colpi, e pur frequente de' suoi gran colpi la tempesta cade» (55, vv. 1-2). Si batte con Tisaferno, il più valoroso dei combattenti egizi che Armida ha raccolto per prestare aiuto ai pagani e vendicarsi dell'abbandono di Rinaldo. Dopo l'uccisione di quest'ultimo, Rinaldo rincorre Armida, che oltraggiata dalla sconfitta, cerca un luogo solitario per darsi la morte. La raggiunge, e ormai libero dai suoi doveri di combattente, la chiede in sposa per farla regina del regno che fu dei suoi avi.