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"Storia d'Italia" di Guicciardini: riassunto e commento dell'opera

Nell'età umanistica cominciano a formarsi i caratteri peculiari della storiografia moderna, una disciplina sempre più incentrata sulla descrizione dei fatti concreti e sempre meno vicina all'universalismo medievale. Per i primi umanisti il processo storico rappresenta un elemento di grande importanza per descrivere l'interruzione delle “virtù” e dei costumi dell'antichità nella storia, a favore della barbarie e della decadenza dei secoli bui e la successiva “rinascita” dell'età contemporanea.

 

In questo panorama rinnovato, le figure di Machiavelli e Guicciardini introducono un ulteriore elemento di rottura, e cioè una visione del mondo frammentata e a volte contraddittoria, ancora più lontana da schemi universalmente fondati. La Storia d'Italia, opera a cui Guicciardini si dedica dopo l'ascesa di Cosimo de' Medici a Firenze (1537), disarticola il racconto degli eventi dalla catena di causa-effetto e li contestualizza su un piano strettamente laico (elimina cioè il principio secondo cui il corso degli eventi si regge sulla trascendenza) e introduce la necessità negativa delle ambizioni, delle aspirazioni, degli errori, dei rapporti di forza che si generano tra gli uomini. Come principio di tutte le vicende storiche si situano i conflitti esistenti tra i vari interessi individuali: da questo punto di vista lo stile storiografico guicciardiano è ancora molto vicino a quello classico (che individua nell'iniziativa del singolo la fonte del processo storico), ma a differenza di questo, i protagonisti di Guicciardini appaiono spesso sconfitti e le loro iniziative fallimentari, soprattutto nella sezione del testo dedicata alla sottomissione straniera dell'Italia. I limiti cronologici dell'opera sono la morte di Lorenzo il Magnifico (1492) e quella di Clemente VII (1534). L'autore registra ed espone, con una particolare attenzione al dettaglio, l'evoluzione politica che, dall'indipendenza di fine Quattrocento, conduce gli Stati autonomi dell'Italia verso la sottomissione straniera. L'età di Lorenzo il Magnifico, vista come un periodo di particolare equilibrio, pace e prosperità, lascia il posto al declino e all'incertezza, agli errori di signori e istituzioni governative che, illusi dal proprio singolare prestigio, hanno permesso il consumarsi della tragedia dell'occupazione e del sacco di Roma, della cacciata dei Medici da Firenze e della successiva perdita della libertà, cercando di portare alla luce quella logica sotterranea che sta alla base di tutti gli eventi.