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Il principio di Archimede e la spinta idrostatica

Il principio o legge di Archimede è una legge sperimentale che rende conto della spinta che riceve un corpo immerso in un fluido.Si tratta di un fondamentale principio dell’idrostatica. Esso afferma che un corpo immerso in un fluido ideale è soggetto ad una forza, diretta verso l’alto e in modulo pari al peso del volume di liquido spostato dal corpo immerso. La spinta ricevuta dal corpo a volte va sotto il nome di spinta o forza archimedea, o anche spinta idrostatica.

Questo principio è molto antico: è dovuto infatti ad Archimede di Siracusa, scienziato greco vissuto nel terzo secolo avanti Cristo, e leggenda vuole che sia legato ad un aneddoto molto particolare.

Vitruvio riferisce che il tiranno di Siracusa Gerone II ricevette una corona d’oro, almeno a detta degli artigiani che l’avevano fabbricata: egli allora chiese ad Archimede di determinare un metodo che permettesse, senza fondere o danneggiare la corona, di stabilire se essa fosse o meno fatta del metallo prezioso. Archimede si arrovellò per giorni e giorni, sinché, fiaccato dalla calura sicula, fu costretto a fare un bagno: qui notò che il livello dell’acqua variava in funzione di quanto egli si immergesse all’interno della vasca, e che lui stesso si sentiva più leggero quanto più si immergeva nel suo bagno. Al grido di “eureka!”, che in greco antico vuol dire “ho trovato!”, egli si precipitò dal sovrano, presentandogli una ingegnosa soluzione, la quale faceva pieno uso del principio che oggi porta il nome del grande inventore.

Il principio di Archimede può essere spiegato nel seguente modo. Immaginiamo di immergere un cubo (possiamo pensare a una forma più complessa, ma questo semplifica grandemente i conti) in un fluido ideale, di densità $\rho$, ad una profondità $h$: la faccia superiore del cubo si troverà ad una profondità $h_1$, mentre la faccia inferiore ad $h_2$. La pressione in un fluido ideale ad una certa profondità $h$ è indicata dalla legge di Stevino: $p = p_{\text{atm}} + \rho \ g \ h$, dove $g$ è l’accelerazione di gravità (che in prossimità della superficie terrestre vale mediamente $9.8 \text{ m} / \text{s}^2$) e $p_{\text{atm}}$ è la pressione atmosferica (che a livello del mare vale mediamente $101325 \text{ Pa}$).

Come si può vedere dall’illustrazione, la pressione sulle facce laterali viene equilibrata dalla pressione sulle facce opposte; la pressione sulle facce orizzontali, invece, non è equilibrata: per l’ipotesi di idealità del fluido, essa è diretta perpendicolarmente alle superfici del cubo, in verso opposto, ma l’intensità della pressione sulle due facce è differente. Sulla faccia superiore infatti la pressione vale $p_1 = p_{\text{atm}} + \rho \ g \ h_1$, mentre sulla faccia inferiore vale $p_2 = p_{\text{atm}} + \rho \ g \ h_2$; siccome $h_2 > h_1$, si ha che $p_2 > p_1$. Detto $l$ lo spigolo del cubo, la differenza tra le pressioni è data da $\Delta p =p_2 - p_1 = \rho \ g \ h_2 - \rho \ g \ h_1 = \rho \ g \ l $. Sfruttando la relazione che lega pressione e forza, $p = \frac{F}{\mathcal{S}}$ (dove in questo caso, l’area $\mathcal{S}$ è il quadrato di base, ossia $\mathcal{S} = l^2$), otteniamo che il cubo è soggetto ad una forza $F$ pari a $F = \Delta p \cdot \mathcal{S} = \rho \ g \ l \cdot l^2 = \rho \ g \ l^3 = \rho \ g \ V$. 

Questa forza è diretta verso l’alto, poichè la pressione sulla faccia inferiore è maggiore, in modulo, di quella esercitata dal fluido sulla faccia superiore, e dunque il risultato netto è una spinta verso l’alto. Notiamo inoltre che la magnitudine di questa forza, $\rho \ g \ V$, è pari anche a $g \ \rho V = g \cdot m$, detta $m$ la massa di un volume $V$ occupata dal liquido ideale considerato. In definitiva, la forza cui è soggetto il cubo è diretta verso l’alto ed è pari al peso del volume di liquido da esso occupato: il principio di Archimede è dimostrato.

Mediante la spinta di Archimede, è possibile stabilire se un determinato corpo possa o meno galleggiare. Consideriamo, ad esempio, un certo corpo di volume $V$ e densità $\rho_C$, completamente immerso in un fluido ideale di densità $\rho_L$. Le due forze agenti sul corpo sono:

  • La forza peso, che spinge il grave verso il basso, pari a $P = \rho_C \ V \ g$.
  • La forza di Archimede, che spinge il corpo verso l’alto, pari a $F = \rho_L \ V \ g$

La forza risultante vale quindi, in modulo, $| \rho_L \ g \ V - \rho_C \ g \ V| = g \ V \ |\rho_V - \rho_C |$. Si possono allora presentare tre casi.

  1. Nel primo caso, la densità del solido è maggiore di quella del fluido: $\rho_C > \rho_L$. In questo caso, il netto delle forze in gioco punta verso il basso, e il grave cade di moto uniformemente accelerato (attenzione, si presume che il fluido sia ideale e non eserciti attriti: nella realtà, i fluidi esercitano dell’attrito viscoso sui corpi che cercano di muoversi dentro di essi). L’accelerazione cui è soggetto è stabilita dalla legge fondamentale della dinamica: siccome $F= m a$, si ricava che $a = \frac{F}{m}$, da cui $a =\frac{g \ V \ (\rho_C - \rho_L)}{m} = g \left(1 - \frac{\rho_L}{\rho_C}\right)$.



  2. Nel secondo caso, le due densità sono uguali: $\rho_C = \rho_L$. In questo caso, la forza netta è nulla, e quindi, per il principio di inerzia, siamo in una condizione di equilibrio: il corpo non affonda nè risale.



  3. Nell’ultimo caso, la densità del fluido è maggiore di quella del solido: $\rho_L > \rho_C $. In questo caso, la forza netta spinge il corpo verso l’alto, e il corpo inizia a muoversi di moto uniformemente accelerato (ancora una volta, ribadiamo, si tratta di un caso ideale), ove l’accelerazione è data questa volta da $a = g \left( \frac{\rho_L}{\rho_C} - 1\right)$.



Ma l’ultimo caso presenta una particolarità: se il corpo non è immerso in una colonna di fluido infinitamente alta, ad un certo punto raggiungerà la superficie libera. A questo punto, emergerà, diminuendo la porzione di volume immerso; ma non appena inizia ad uscire dal fluido, la spinta archimedea, che lo accelerava verso l’alto, diminuirà, in ragione del fatto che il volume di liquido spostato si riduce. Il corpo si arresterà, galleggiando sulla superficie del fluido, quando il peso di tutto il corpo $\vec{P}$ sarà controbilanciato dalla spinta archimedea $\vec{F}_A$ causata dalla parte ancora immersa dello stesso.

 

 

Se chiamiamo $V’$ il volume ancora immerso e $V$ il volume totale, per il galleggiamento deve valere la condizione di equilibrio tra le forze $F_A = P$, da cui $$ V’ \ g \rho_L = V \ g \rho_C \ \Leftrightarrow \ V’ = V \cdot \frac{\rho_C}{\rho_L}$$Si può vedere come, in un corpo galleggiante, volume immerso e volume totale del corpo siano direttamente proporzionali, con costante di proporzionalità pari al rapporto tra la densità del grave e la densità del fluido.

Torniamo all’aneddoto di Archimede e della corona d’oro. Archimede suggerì a Gerone di procurarsi un lingotto d’oro (vero) di peso pari a quello della corona, e di porre i due corpi su una bilancia: essendo i corpi di ugual peso, la bilancia sarebbe stata in equilibrio. Poi però, occorreva immergerla in acqua. Se la corona fosse stata di oro puro, il bilancia sarebbe rimasta ancora in equilibrio: il suo peso sarebbe stato controbilanciato dall’altro grave, e la spinta archimedea ricevuta da entrambi sarebbe stata la stessa, ottenendo ancora una volta un equilibrio; se invece la corona fosse stata costituita di materiali differenti, la spinta archimedea ricevuta dalla corona sarebbe stata diversa da quella ricevuta dal lingotto d’oro, in ragione di una differente densità. Questa bilancia, adatta non tanto a misurare il peso di un oggetto, quanto la sua densità relativamente a quella di un altra sostanza, si chiama bilancia idrostatica.

 

 

Ponendo i due corpi sulla bilancia, si pone una condizione di equilibrio sui pesi: chiamando $\vec{P}_C$ il peso cui è soggetta la corona e $\vec{P}_{\text{Au}}$ il peso cui è soggetto il lingotto d’oro, deduciamo che i due oggetti hanno la stessa massa $m$: $$ P_C = P_{\text{Au}} \quad \Rightarrow \quad m_C g = m_{\text{Au}} g \quad m_C = m_{\text{Au}} = m$$Ora chiamiamo $\rho_C$ la densità del materiale di cui è fatta la corona, e con $\rho_{\text{Au}}$ la densità dell’oro, e immergiamo la bilancia in equilibrio nell’acqua, di densità nota $\rho_{\text{H}_2\text{O}}$. Se avessero uguale densità, corona e lingotto, avendo la stessa massa, occuperebbero lo stesso volume $V$, ne sposterebbero uno equivalente di acqua e dunque riceverebbero una medesima spinta verso l’alto, proprio per il principio di Archimede. 

Sia allora $V_C = \frac{m}{\rho_C}$ il volume occupato dalla corona e $V_{\text{Au}} = \frac{m}{\rho_{\text{Au}}}$ quello occupato dal lingotto: le forze di Archimede cui sono soggetti i due corpi sono allora $F_C = \rho_{\text{H}_2\text{O}} \ V_C \ g = m\ \frac{\rho_{\text{H}_2\text{O}}}{\rho_C} \ g$ per quanto riguarda la corona, e $F_{\text{Au}} = \rho_{\text{H}_2\text{O}} \ V_{\text{Au}} \ g = m\ \frac{\rho_{\text{H}_2\text{O}}}{\rho_{\text{Au}}} \ g$; avendo già un equilibrio tra i pesi, la forza netta agente sulla corona è pari allora a $$ F = F_C - F_{\text{Au}} = \dots = m \ g \ \rho_{\text{H}_2\text{O}} \left( \frac{1}{\rho_C} - \frac{1}{\rho_{\text{Au}}} \right)$$Osservando un innalzamento della corona, dobbiamo dedurre che $$ \frac{1}{\rho_C} - \frac{1}{\rho_{\text{Au}}} > 0 \quad \Rightarrow \quad \rho_{\text{Au}} > \rho_C$$La corona è fatta di un materiale meno denso dell’oro: non può essere oro puro! 

Crediti immagine: Tonyle https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/e/ec/Archimedes_water_balance.gif