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Le conseguenze della Prima Guerra Mondiale e il nazismo in Germania

Già gli ultimi mesi della Prima Guerra Mondiale vedono la Germania in grosse difficoltà interne: le tensioni sociali della società civile attraversano lo stesso esercito, come testimoniano l’ammutinamento dei marinai di Kiel e le azioni militari di sinistra nel corso del "biennio rosso" tedesco (simili per certi aspetti a quello italiano). A ciò si aggiungono le dure condizioni di pace (consistenti riparazioni di guerra, smobilitazione dell’esercito, annessione e controllo militare di alcune fondamentali aree produttive da parte dei paesi vincitori) e il crollo dell’impero, che genera una generale sfiducia verso le istituzioni politiche e di governo.
 
La repubblica di Weimar è dunque composta tra il 1919 e il 1933 da esecutivi allargati di socialdemocratici, partiti centristi e moderati di destra, che provano a tenere unito il paese e a reprimere i tentativi golpisti ed insurrezionali (da quello della Lega spartachista, soppressa dai Frei Korps, al colpo di Stato nazionalista guidato da Wolfgang Kapp a Berlino nel 1920). L’aggravarsi della crisi nel 1923 si congiunge con ben quattro tentativi di sovvertire l’ordine costituito; tra questi, il putsch di Monaco (8-9 novembre) che vede in prima fila una allora modesta formazione di estrema destra, il Partito nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi (Nsdap) di Adolf Hitler, che ottiene consensi grazie alla teoria del tradimento politico dei partiti “borghesi” e del complotto giudaico come cause della sconfitta militare tedesca e delle umilianti condizioni di pace di Versailles. E se questo primo tentativo eversivo fallisce, Hitler ha comunque modo (come dimostra il suo Mein Kampf) di elaborare le basi ideologiche del nazismo e di progettare la definitiva presa del potere.
 
La lezione è a cura del Laboratorio LAPSUS (Università degli Studi di Milano)