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Bergson, il tempo e lo “slancio vitale”

Henri Bergson nasce in una famiglia ebrea dell’alta borghesia parigina il 18 ottobre 1859: alla prima formazione liceale fa seguito l’iscrizione alla prestigiosa École Normale Supérieure, dove Henri coniuga gli interessi fisico-matematici (costanti per tutta la sua vita, dato che nel 1922 discuterà la teoria della relatività di Einstein nel suo Durata e simultaneità) con quelli letterario-filosofici. Alla laurea e all’insegnamento s’aggiunge la carriera accademica: nel 1889 il dottorato all’Università di Parigi viene conseguito con due dissertazioni, una in latino sulla filosofia aristotelica e l’altra - il Saggio sui dati immediati della coscienza - di lì a poco pubblicata, e che segna l’inizio dell’interesse del filosofo parigino per il problema della coscienza umana, che attraverserà tutti i suoi testi.

 

Il distacco dalla scuola del Positivismo (cui Bergson contesta la superficialità e la parzialità di certe affermazioni sul rapporto tra psicologia e sensazioni) avvicina Bergson alla corrente dello spiritualismo, di cui il filosofo diventa uno dei principali rappresentanti. Il saggio Materia e memoria (1896) conferma il crescente interesse per il modo in cui la coscienza umana indaga e conosce il mondo e sulla funzione insostituibile della memoria e dei ricordi, che Bergson distingue tra ricordi puri, quelli che la coscienza accumula nella nostra memoria, e i ricordi-immagine, che la percezione articola in una serie di rappresentazioni. In tal modo, quando percepiamo od osserviamo qualcosa, attiviamo una serie di immagini e di conseguenti azioni che dipendono dalle nostre esperienze pregresse. Anche se Bergson si conferma un pensatore eclettico (nel 1900 pubblica uno studio su Il riso, concentrandosi sulla natura e sugli effetti del comico, a differenza di quanto farà Pirandello con L’umorismo), il nucleo del suo pensiero viene ulteriormente sviluppato da l’Evoluzione creatrice, uno studio del 1907 che getta le basi per al teoria dell’élan vital, ovvero quello “slancio” vitalistico che sarebbe all’origine dell’intera esistenza dell’universo. L’intuizione - di cui Bergson tratta anche nell’Introduzione alla metafisica del 1903 - diventa lo strumento con cui, secondo Bergson, noi conosciamo il reale, e vi individuiamo le differenze qualitative (e non solo quantitative, come sostenuto dai positivisti) tra i diversi stati psicologici. Innovativa (e molto influente sul mondo artistico-letterario di inizio secolo) è poi la concezione bergsoniana del tempo e del suo scorrere: alla sequenza rettilinea ed ordinata degli eventi cronologici, ereditata dalla logica aristotelica e frutto dall’attività analitica del nostro intelletto, Bergson oppone appunto l’intuizione, che intende il tempo come un continuum. Così, molta più importanza acquista, rispetto al “tempo dell’orologio” quantitativamente misurabile, il tempo della “durata interiore”, una dimensione qualitativa connessa all’attività della coscienza.

 

Dopo l’Evoluzione creatrice, Bergson si dedica all’insegnamento universitario e alla carriera accademica; nel 1934, nel suo Le due fonti della morale e della religione, si schiera a sostegno della società liberale in opposizione ai crescenti totalitarismi europei, quali fascismo e nazismo. Bergson, che negli ultimi mesi di vita sceglie di rimanere nella Parigi occupata dai tedeschi per solidarietà con la comunità ebraica, si spegne il 4 gennaio del 1941.