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"Sentimento del tempo", Ungaretti: commento e spiegazione

Introduzione

 

Sentimento del tempo è, insieme a L'allegria, una tra le più conosciute raccolte di poesie di Giuseppe Ungaretti. L’opera viene pubblicata una prima volta nel 1933 e poi successivamente (con varianti e correzioni) nel 1936 e nel 1943, quando il Sentimento del tempo diviene un volume della raccolta complessiva Vita d’un uomo 1.

Dal punto di vista poetico e stilistico, il Sentimento del tempo inaugura una nuova fase della poesia ungarettiana rispetto al verso libero e alla “parola nuda” di poesie celebri quali Fratelli o Mattina; questa svolta, contenutistica e stilistica, sarà un modello di riferimento molto importante per la corrente dell’Ermetismo.

 

Tematiche e caratteristiche

 

Come per L’Allegria, anche il Sentimento del tempo è suddiviso in capitoli (Prime; La fine di Crono, sezione incentrata sul senso del trascorrere del tempo; Sogni e accordi; Leggende; Inni; La morte meditata; L’Amore). Il tema principale è quello della percezione dello scorrere del tempo tra passato e presente e del rapporto tra la finitezza dell’uomo e il senso dell’assoluto, su cui si innesta la riflessione sulla condizione dell’essere umano e la malinconia per la perdita di affetti e persone, con toni quasi esistenzialisti. A ciò si aggiunge, a livello biografico, la riscoperta della fede da parte del poeta nel 1928, che in alcuni testi (come La madre, del 1930) modifica la visione della realtà del poeta. Inoltre, rispetto ai versi scritti nelle trincee del primo conflitto mondiale e negli anni immediatamente successivi, si può notare che le vicende biografiche del poeta hanno minor peso (come si vede soprattutto nelle poesie della sezione Leggende).

A tutto ciò si affianca un’importante evoluzione stilistica della poesia ungarettiana, che va nella direzione della ripresa della lezione dei classici della tradizione lirica (quindi soprattutto Leopardi e Petrarca) e del recupero dei versi e delle misure metriche più convenzionali. La rilettura dei classici e il “ritorno all’ordine” - sostenuto nel corso degli anni Venti dall’importante rivista «La Ronda», di indirizzo classicistico - spinge Ungaretti a scegliere una sintassi più elaborata,ripristinare gli endecasillabi e i settenari , recuperare forme strofiche (come quella dell’inno) e reintrodurre la punteggiatura. La sintassi paratattica e nominale ("assoluta" per usare il lessico ungarettiano) delle poesie de Il porto sepolto e de L’Allegria si dilata e si estende in un’architettura di frase più complessa e variegata. Nel saggio Ragioni d’una poesia l’autore chiarisce cosa vuole trovare con questo recupero delle misure e dello stile “classico”:

Non era l’endecasillabo del tale, non il novenario, non il settenario del talaltro che cercavo: era l’endecasillabo, era il novenario, era il settenario, era il canto italiano, era il canto della lingua italiana che cercavo nella sua costanza attraverso i secoli [...]: era il battio del mio cuore che volevo sentire in armonia con il battito del cuore dei miei maggiori di una terra disperatamente amata.

Lo stile si avvicina così a quelle che saranno le caratteristiche di base dell’Ermetismo: l’oscurità e l’ambiguità dei riferimenti al reale, il ricorso esteso alla figura retorica dell’analogia, la preferenza per l’elaborazione formale e lo stile “alto” e difficile, il gusto per lo “sfumato” e il “non finito”, il ricorso all’immaginario letterario (tra cui in particolare il mondo mitologico, come ne L’isola).

Queste caratteristiche possono essere ricondotte, secondo lo stesso Ungaretti, alla suggestione dello stile Barocco, che il poeta ammira a Roma, dove si è trasferito già dal 1921. Ungaretti infatti, spiegando che esso ha per lui un valore “metafisisco e religioso”, scrive nelle Note al Sentimento del tempo:

Il barocco è qualche cosa che è saltato in aria, che s’è sbriciolato in mille briciole: è una cosa nuova, rifatta con quelle briciole, che ritrova integrità, il vero.

1 La continuità tra le due fondamentali raccolte è testimoniata da Ungaretti stesso che al critico Giuseppe De Robertis scrive che L’Allegria e il Sentimento sono “la parte prima e la parte seconda d’un unico libro” (G. Ungaretti - G. De Robertis, Carteggio 1931-1962, Milano, Il Saggiatore, 1984).