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La produzione della birra e la definizione di biotecnologie

Si raccontano due storie di come casualmente gli Egizi scoprirono la lievitazione: un impasto fu dimenticato all’aria per troppo tempo, risultando poi rigonfiato dagli organismi depositatisi sopra, oppure di come una schiava, per sbaglio, versò della birra nell’impasto, il quale risultò alla fine lievitato.

La birra contiene infatti dei lieviti (anche se in minima parte) che vengono utilizzati per la sua produzione: un processo che utilizza il microrganismo per trasformare il glucosio, derivante per esempio dall’uva o dal malto d’orzo, in alcol, in particolare etanolo. La via metabolica che il lievito usa per produrre etanolo è la fermentazione alcolica.

La produzione della birra è stata molto migliorata rispetto alle tecniche introdotte dagli Egizi e dai popoli che si sono susseguiti nella storia, e oggi viene portata a termine utilizzando enzimi in grado di migliorare di molto la procedura, costituita da 4 fasi principali.

  1. Maltazione: i semi del cereale, come orzo, hanno un elevato contenuto di amido, il quale si trova protetto all’interno di una struttura proteica e zuccherina. Essi vengono bagnati e sotterrati per permetterne la germinazione. Successivamente i semi vengono parzialmente scalfiti mediante abrasione o con l’uso di enzimi chiamati cellulasi.
  2. Preparazione del mosto: l’aggiunta di enzimi degradativi come amilasi e proteasi permettono la liberazione degli zuccheri nel liquido, ottenendo il mosto. Esso viene poi bollito e addizionato al luppolo, il quale, oltre a causare il caratteristico sapore amaro della birra, ha la funzione di inibire i batteri presenti.
  3. Fermentazione: i lieviti vengono utilizzati per fermentare i nutrienti contenuti nel mosto a etanolo. Il tipo di lievito usato, la sua concentrazione e quella degli zuccheri, e la temperatura influenzano questo passaggio e il prodotto finale.
  4. Post-fermentazione: in questa fase di maturazione le caratteristiche organolettiche (sapore, odore, colore, etc.) vengono eventualmente modificate. Per esempio è possibile eliminare le proteine presenti nella birra, chiarificandone il colore.

 

Come possiamo associare questo processo così antico a una scienza moderna, come viene considerata la biotecnologia?

Nel 1919 l’agronomo ungherese Karl Ereky utilizzò per la prima volta il termine “biotecnologia”, identificandola come

la scienza che comprende i metodi e le tecniche che permettono la produzione di sostanze grazie all’utilizzo di organismi.

Di conseguenza le biotecnologie hanno lo scopo primario di produrre un bene o un servizio mediante l'uso di organismi viventi (spesso microorganismi). Essi possono essere anche modificati geneticamente grazie alla tecnologia del DNA ricombinante, che ha permesso anche l’inizio dell’ingegneria genetica, proteica e metabolica, affinando e aumentando di molto le potenzialità delle biotecnologie.

Poichè Ereky “inventò” questo termine 35 anni prima che Avery scoprisse che il DNA è "portatore" dell’informazione genica e quasi 45 anni prima che Watson e Crick chiarissero la struttura a doppia elica del DNA, ad oggi è evidente che esiste una biotecnologia indipendente dalla manipolazione genetica, a cui attribuire il nome di biotecnologia classica (o tradizionale). In contrapposizione, l’utilizzo del DNA ricombinante ha permesso di sviluppare le moderne biotecnologie, che godono attualmente dei maggiori interessi da parte di investitori.

Tornando alla definizione di biotecnologie quindi possiamo osservare come questa scienza sia stata inconsapevolmente utilizzata dall’uomo sin dall’antichità, come nel caso della produzione della birra.