Alessandro Manzoni, Lettera a Chauvet: riassunto e spiegazione

La Lettera a Chauvet di Alessandro Manzoni, analizzata e spiegata da Alessandro Mazzini.
 
La lettera (tit. originale Lettre à monsieur Chauvet sur l'unité de temps et de lieu dans la tragédie) fu pubblicata in seguito alle critiche espresse da Victor Chauvet, letterato e poeta francese, sul mancato rispetto delle regole di unità di tempo e di luogo al Conte di Carmagnola. Esse erano apparse a Manzoni più acute di quelle, ormai convenzionali, basate sul principio di verosimiglianza. L'unità dell'azione, per Manzoni, è intrinseca ai fatti e non può essere stabilita da regole estrinseche e arbitrarie rispetto alla narrazione. Garanzia di rispetto della verità è, allora, l'assumere i soggetti dalla storia; per illustrare questi aspetti, Manzoni prende come esempio i drammi storici di Shakespeare. L'autore fa anche alcune riflessioni sul "romanzesco": il suo scoglio è rappresentato dal falso, dato dall'artificiosità propria delle vicende narrate, costruite senza seguire le vere dinamiche della natura umana. Quanto, invece, più si studia drammaticamente una vicenda storica, tanto più si coglie una ragione semplice e profonda: un che di individuale che rivela una parte della nostra natura e del nostro destino.
 
Alessandro Mazzini è professore di Greco e Latino presso il Liceo Classico Manzoni. Si è laureato in Letteratura Greca con il professore Dario Del Corno presso L'Università degli Studi di Milano. Ha collaborato con riviste di divulgazione culturale e ha insegnato per 10 anni Lingua e Letteratura Italiana e Lingua e Letteratura Greca presso il Liceo della Scuola Svizzera di Milano. Dal 2001 è ordinario di Italiano e Latino nei Licei e dal 2003 ordinario di Greco e Latino al Liceo Classico.
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Pubblicata a seguito delle critiche espresse da Chauvet - che era un letterato e poeta militante francese - sul non rispetto dell’unità, nella sua analisi pur lusinghiera al Carmagnola, su una rivista letteraria, questa lettera era già pronta nel 1820, ma per una serie di circostanze venne poi pubblicata nel ’23. La critica mossa dallo Chauvet risulta al Manzoni più acuta rispetto alla critica ormai convenzionale basata sul principio della verosimiglianza, in quanto si basa sul fatto che, secondo lo Chauvet, non rispettare le unità comporterebbe la perdita dell’unità dell’azione e della stabilità dei caratteri, cioè in definitiva dell’organicità dell’opera d’arte. Manzoni così inizia l’argomentazione muovendo dalla definizione di cosa si debba intendere per unità d’azione, cioè quella che per lui è la rappresentazione di un seguito di avvenimenti legati fra loro in modo naturale, non arbitrario, recuperando quella categoria dell’arbitrarietà che già aveva citato ed utilizzato nella prefazione del Conte di Carmagnola. Il poeta drammatico allora, stante la peculiare facoltà della mente umano di cogliere le relazioni causali fra i fatti, deve muoversi in modo analogo allo storico che fa conoscere una successione indefinita di avvenimenti. Diversamente dallo storico però il poeta rappresenta una parte staccata della storia, ovvero trascende avvenimenti drammatici ed interessanti, legati profondamente tra loro al punto che la mente goda nel cogliere tutta la profondità e l’estensione del loro rapporto. Quindi l’unità è intrenseca ai fatti per Manzoni, non deve essere data da regole estrinseche quali le unità. Ecco perchè il sistema storico, cioè il sistema romantico per Manzoni rifiuta giustamente le due unità perchè segue il ritmo naturale ed intrinseco delle vicende con i loro propri personaggi, cioè si basa sulla verità che di per sè ha un interesse potente sugli uomini. Quindi Manzoni, approfondendo quanto già sostenuto nella prefazione al Carmagnola, sostiene che l’unità dell’azione non può essere fornita da regole arbitrarie, le quali costringono i fatti ad una concentrazione assolutamente innaturale. Garanzia di rispetto della verità allora è l’assumere i soggetti dalla storia e per illustrare questo aspetto, Manzoni prende in considerazione i drammi storici di Shakespeare, la cui aderenza alla reale natura umana è tale, per Manzoni, che persino quella non opportuna mescolanza di comico e di serio, perlomeno risulta non opportuna agli occhi di Manzoni a livello della Lettera a Chauvet, appunto diciamo quella non opportuna mescolanza di comico e di serio, non è da escludersi a priori proprio in nome della verità naturale dell’uomo. D’altro canto osserva che tutti i più grandi monumenti poetici hanno base nella storia, cioè nascono da fatti reali o perlomeno ritenuti tali, che esprimono un’identità in cui si riconosce una moltitudine. Conseguenza di tutto ciò è allora che le unità costringono ad inventare circostanze per dare verisimiglianza ad un’azione che viene concentrata dalle unità stesse in base ad un ritmo di sviluppo che non potrebbe avere nell’oltrenaturale, mentre, per Manzoni, è proprio questo che la poesia non deve fare. L’essenza della poesia, dice l’autore, non consiste nell’inventare fatti. Tuttavia il poeta è diverso dallo storico, perchè il poeta dà voce ed espressione ai protagonisti delle vicende storiche, rivela cosa hanno pensato, come hanno deciso, le ragioni del loro agire. Insomma rivela la loro moralità e le cause naturali che danno ragione naturale non convenzionale, del loro svolgimento. Si tratta così, secondo il Manzoni, di penetrare ogni segreto dell’animo umano. Il compito del poeta allora è quello di individuare, capire ed esprimere quello che la volontà umana ha di forte e misterioso, ciò che ha di sacro e profondo la sventura, cioè il poeta appunto concentra la sua attenzione su quell’abisso del cuore umano, su quel caos di possibili e su quello stato in perenne contraddizione della società umana, che rappresentano i tre poli della complessità oggetto della riflessione morale e quindi estetica di Manzoni, che abbiamo già messo in luce a proposito degli scritti morali e storiografici. Infatti verità concreta contengono al massimo grado il carattere di verità poetica secondo il Manzoni, dato che l’attrazione per queste opere nasce nell’uomo dalla possibilità di conoscere l’uomo, un’esigenza che aveva già presentato come giustificativa della letteratura il gruppo del Il Conciliatore. Per Manzoni infatti è evidente che attribuiamo importanza a quanto apprendiamo a patto che sia vero. L’arte drammatica allora consiste nello spiegare quello che gli uomini hanno sentito, voluto e sofferto, attraverso quel che hanno fatto. In questo consiste la poesia drammatica: inventare dei fatti per adattare ad essi dei sentimenti è da Madamoiselle Scudery, noto successo nel 600 di prolissi romanzi, ai giorni nostri, il grande difetto dei romanzi. A questo punto Manzoni concentra la sua attenzione proprio sul romanzesco, secondo una riflessione che avrà grande importanza quando si dedicherà alla composizione del romanzo appunto. Il romanzesco è una categoria che costituirà un elemento negativo in tutta la sua produzione letteraria, il modello da non seguire insomma, soprattutto nella scrittura del romanzo. Lo scoglio romanzesco, così lo definisce l’autore stesso, è infatti rappresentato dal falso, dato dalla artificiosità, dalla convenzionalità ed appunto dalla falsità proprio di quella natura umana fasulla presente nei romanzi, perchè ricreata non secondo le dinamiche proprie della vera natura umana. Al contrario, quanto più si studia drammaticamente una vicenda storica, osserva Manzoni, tanto più si coglie una ragione semplice e profonda: un che di individuale che rivela una parte della nostra natura e del nostro destino. Il rispetto delle due regole deve concentrarsi invece su passioni estreme, condensate, per spiegare l’effetto delle quali bisogna per forza inventare cause interessanti certo, ma false. Tale concentrazione richiede caratteri e passioni ed esasperate inoltre che non si danno nella naturale dimensione psicologica e morale degli individui. E dunque determinano rappresentazione di personaggi la cui dimensione umana è frutto di una convenzione letteraria. E’ come se la letteratura abituasse a rappresentare come verisimili passioni ed azioni conseguenti che in realtà sono solo arbitrarie. Da qui ad esempio la preponderanza inevitabile dell’amore nel teatro tragico, in particolare francese, a scapito degli altri sentimenti umani. Un altro elemento questo che costituirà un punto di riferimento negativo costante per Manzoni. Tale esasperazione comporta la semplificazione inevitabile delle passioni, oltre alla loro convenzionalità, perchè la concentrazione elimina le gradazioni e dunque ogni complessità e quindi ogni profondità. Questo è appunto quel cosiddetto romanzesco, ovvero la rappresentazione di azioni e caratteri ritenuti interessanti perchè esasperati, ma in realtà convenzionali, quindi falsi, senza attinenze con l’autentica natura umana che deve essere l’oggetto fondamentale della rappresentazione artistica, che ha senso solo se rivela l’uomo a se stesso, come già sosteneva appunto il gruppo del Conciliatore. Questa modalità rappresentativa inoltre si basa sul presupposto che occorre coinvolgere il fruitore dell’opera letteraria nelle passioni rappresentate, in quanto i poeti si sentono costretti a suscitare passioni per accattivarsi lo spettatore. Per Manzoni invece il più alto grado si emozione non si prova condividendo le passioni, ma sollevandosi al di sopra di tali passioni per contemplare le inutili sofferenze e le gioie vane degli uomini, così da essere presi da terrore e pietà per se stessi, secondo un’esigenza di riflessione morale cui rispondeva la presenza del coro nelle tragedie, secondo quanto contenuto nella prefazione del Carmagnola. In questo modo dalla storia il poeta tragico può far emergere i sentimenti umani e sviluppare nella coscienza non l’identificazione con le passioni, ma la forza morale che le domina e le giudica. Essere testimoni di avvenimenti infatti consente agli spettatori di abituarsi a fermare i pensieri su quelle idee calme e grandi, cioè di natura profondamente etica, che l’urto del quotidiano disperde e che, se coltivate, garantirebbero un effettivo progresso di saggezza e dignità per l’individuo. La ragione va così innalzata, dice il Manzoni, e non offuscata, e solo questo può offrire a suo giudizio una giustificazione alla letteratura.