Video su Socrate

Il metodo socratico e il "sapere di non sapere" di Socrate

I dialoghi socratici sono definiti "aporetici" perché il filosofo-protagonista non vi avanza mai una tesi precisa e definita. Il metodo socratico, come lo racconta Platone, consiste piuttosto nell’esaminare una tesi dell’interlocutore e metterla alla prova mediante una serie di domande sull’universale etico; nei dialoghi, il processo culmina sistematicamente nell’autoconfutazione dell’interlocutore.
 
Del resto, nell’Apologia di Socrate, Socrate sostiene di non avere nulla da insegnare: la sua è una "sapienza umana", che consiste nel non sapere e nel non credere di sapere. Questo intendeva dire il dio di Delfi, sostiene Socrate, quando l’oracolo del santuario aveva risposto positivamente alla domanda dell’amico Cherefonte, il quale aveva chiesto se Socrate fosse il più sapiente tra gli uomini. Egli interpreta questa risposta come la convocazione da parte del dio ad una missione: scuotere gli Ateniesi dal loro torpore, richiamarli alla conoscenza di sè, alla cura dell’anima e alla reale consistenza del loro sistema morale.
 
Contro il relativismo sofista e contro la relatività della morale tradizionale, che accampa diritti diversi a seconda del ceto o della forza, Socrate edifica una filosofia fatta per la democrazia, in cui il riferimento alla realtà e le regole logiche del discorso valgono per tutti e sono indipendenti dalle singole prospettive. Attraverso la vergogna che segue alle sue interrogazioni e la felicità dell’uomo razionale e coerente, Socrate mostra come seguire o non seguire le regole possa avere conseguenze sullo stato dell’anima.

Jacopo Nacci, classe 1975, si è laureato in filosofia a Bologna con una tesi dal titolo Il codice della perplessità: pudore e vergogna nell’etica socratica; a Urbino ha poi conseguito il master "Redattori per l’informazione culturale nei media". Ha pubblicato due libri: Tutti carini (Donzelli, 1997) e Dreadlock (Zona, 2011). Attualmente insegna italiano per stranieri a Pesaro, dove risiede.