"Felicità raggiunta" di Montale: analisi e commento

Parafrasi Analisi

Analisi della poesia Felicità raggiunta, si cammina... di Eugenio Montale, contenuta in Ossi di Seppia nella sezione omonima della raccolta.
Il componimento risale al 1924 e, dal punto di vista metrico, presenta due strofe di cinque versi a rima alternata. Fa eccezione il verso tre con il verso uno, attraverso la parola "vacilla" in assonanza con la precedente "cammina" (entrambe terminano con le vocali "i" e "a"). I versi sono tutti endecasillabi, tranne il verso due che è un settenario; il verso sei, che è un novenario; e il verso otto che è composto da un endecasillabo e un quinario.
La felicità, in questo caso, non è intesa come ideale o sognata, ma viene descritta come effettivamente entra nella vita dell'uomo: questo concetto è espresso dallo stesso participio passato "raggiunta", e presenta un valore fortemente connotativo e preciso. L'immagine immediatamente successiva, tuttavia, smentisce questa prima certezza: "si cammina | per te sul fil di lama". Interessante è il modo con cui Montale riesce a esprimere metricamente l’idea di fragilità della felicità, utilizzando un settenario, al posto dell’endecasillabo, e vocaboli monosillabici, tranne due bisillabici. Questi espedienti velocizzano il verso, riuscendo così a comunicare la transitorietà e la fragilità della felicità. Questa è paragonata a un breve barlume di luce che velocemente scompare, ma anche a una fragile lastra di ghiaccio che, toccata da un piede, si spezza. Si può, quindi, comprendere come la felicità appaia al poeta come un sentimento dalla doppia incertezza: da una parte svanisce da sé inevitabilmente, dall’altra l’uomo stesso è responsabile della scomparsa di questa. Nei versi finali viene espressa questa idea del poeta: l’ultima immagine del bambino che ha perso il pallone diventa analogia dell’improvvisa perdita della felicità. Questo sentimento si rivela, quindi, come del tutto provvisorio, sul quale le nostre azioni non hanno alcuna possibilità reale di controllo: esso è, piuttosto, un'illuminazione, un'epifania. Si tratta più di un dono improvviso indipendente dalla volontà e dalle azioni dell’uomo.