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"La primavera hitleriana" di Montale: analisi e commento

La primavera hitleriana è una poesia composta da Montale tra 1939 e 1946, ma si riferisce a un evento storico precedente: la visita di Hitler e Mussolini a Firenze del 1938. La lirica inizia con la descrizione di una “nevicata di farfalle bianche sull’Arno” in primavera (vv. 1-7). Queste turbinano intorno ai fanali, come veri e propri fiocchi di neve, assumendo i tratti di uno sconvolgimento climatico, quasi ad annunciare lo sconvolgimento della guerra, che sarebbe cominciata due anni più tardi. Nei versi successivi (vv. 8-19) appare il “messo infernale”, Hitler, in una processione di croci e uncini, dove i fascisti, mai nominati, gridano il loro saluto “alalà”. Ciò che rende grottesca la processione è l’aspetto di sagra paesana (vetrine dei negozi che espongono armi giocattolo vv. 11-13), che si tramuta in un’immagine di distruzione e morte, tacitamente assecondata dagli uomini (“larve sulle golene”, “nessuno è incolpevole”) che accettano il dominio di Hitler: “la sagra dei miti carnefici che ancora ignorano il sangue | s’è tramutata in un sozzo trescone d’ali schiantate | di larve sulle golene, e l’acqua seguita a rodere le sponde e più nessuno è incolpevole” (vv. 16-19). Dal verso 20 inizia la seconda parte della poesia, in cui il soggetto diventa Montale stesso. I primi versi (vv. 20-30) sono fortemente allusivi ed ermetici e si riferiscono al destino personale del poeta, che rievoca immagini e ricordi di Clizia, non ancora esplicitamente nominata. Nei versi 28-30 il poeta ritorna all’immagine di distruzione iniziale: “tutto arso e succhiato | da un polline che stride come il fuoco | e ha punte di sinibbio”.


Negli ultimi versi (vv. 30-43) compare la figura della donna, Clizia, unica possibile salvezza per il poeta e per l’umanità: “Guarda ancora | in alto, Clizia, è la tua sorte, tu | che il non mutato amor mutato serbi, | fino a che il cieco sole che in te porti | si abbacini nell’Altro e si distrugga in Lui, per tutti” (vv. 32-37). Da un’immagine mitologica - Clizia, era la donna amata dal Sole, e, una volta abbandonata, fu trasformata in girasole - la donna assume i tratti di donna angelica e salvifica, unica che riesca a conservare dentro di sé una luce, simbolo dell’amore, che si dissolverà soltanto una volta che tornerà a splendere l’altra luce più alta, cioè l’amore divino. La poesia nasce da uno spunto storico (la visita di Hitler e l’imminente scoppio della guerra), ma si evolve in una riflessione sulla durezza dell’esistenza e sulla possibilità di salvezza, incarnata simbolicamente in Clizia.