3'

Dante, "Donna pietosa...": analisi del testo

Parafrasi Analisi

Non sorprende che Donna pietosa e di novella etate, seconda canzone della Vita Nova dantesca, sia il componimento poetico più lungo del prosimetro giovanile dell’autore. Collocata al capitolo XXIII del libro, questa poesia affronta infatti uno degli snodi narrativi fondamentali della trama autobiografica dell’opera: Dante vi ricostruisce la visione, avuta durante un periodo di infermità, della futura morte di Beatrice, la donna ispiratrice di tutto il testo.

La parte in prosa che precede introduce il lettore alla scena che gli si presenterà di fronte agli occhi: i presagi della morte dell’amata sono espressi dalla ricorrenza di immagini bibliche (come l’oscurarsi del sole) ed evangeliche (ad esempio, dal Vangelo di Luca), e dalla deformazione paurosa tipica degli incubi. Il testo poetico si apre, in analogia con l’introduzione precedente, con la descrizione della difficile situazione in cui si trova Dante: gravemente malato (v. 3: "[...] era là 'v'io chiamava spesso Morte"), egli giace a letto delirando, circondato da donne che cercano di prendersi cura di lui e di consolare il suo tormento (v. 23). Il poeta decide allora di confessare solo a loro - come se si appressasse per lui il momento fatale - ciò che gli è stato rivelato in sogno da Amore, e cioè che Beatrice è destinata alla morte, e che anche lui la seguirà di lì a poco (vv. 41-42: "visi di donne m'apparver crucciati, | che mi dicean pur: - Morràti, morràti -"). Le immagini di strazio e di lutto della quarta stanza (le donne a capelli sciolti che piangono e strepitano) si aggiungono a visioni apocalittiche (l’oscuramento del Sole), che affiancano - secondo un procedimento tipico del Dante poeta d’amore - la morte dell’amata addirittura a quella di Cristo. Le immagini di derivazione religiosa proseguono anche nella penultima stanza, che inizia con una citazione palese del Salmo 120 ("Levavi oculos meos in montes"), e si uniscono con l’immagine di Amore che mostra a Dante il corpo ormai senza vita di “madonna morta” (v. 66), e quasi pacificata dopo i tormenti terreni (vv. 66-70: "mi condusse a veder madonna morta; | [...] | ed avea seco umilità verace, | che parea che dicesse: - Io sono in pace. -"). Nell’ultima stanza il poeta può definire “dolce” e “gentile” (vv. 73-74) la Morte stessa ("assai dolce ti tegno") proprio perché essa è venuta a contatto con Beatrice, fonte di ogni bene e di ogni letizia; a questo punto, anche la morte non sarà più una pena, ma anzi una vera liberazione (vv. 77-79: “Vedi che sì desideroso vegno | d'esser de' tuoi, ch'io ti somiglio in fede. | Vieni, ché 'l cor te chiede”).

È poi la chiusura del capitolo ventitreesimo, in prosa, a fornire una plausibile interpretazione del testo: Dante analizza la propria poesia - come sempre fa nella Vita Nova - precisando che il lungo testo è prodotto della sua immaginazione. Non viene meno, però, il valore di questo testo nell’intera raccolta, non solo alla luce della morte reale di Beatrice nel 1290: Donna pietosa e di novella etade è un testo cruciale per l’unione di Amore e Morte (parola che in varie forme ricorre emblematicamente in ogni strofa) e per la trasfigurazione letteraria della donna angelicata. Lo stile, com’è tipico per una forma elevata come la canzone, resta su un repertorio alto (sia sul piano delle scelte stilistiche che lessicali), a sottolineare ulteriormente l’importanza del testo per l’elaborazione della poetica amorosa giovanile di Dante Alighieri.