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"Il fuoco" di D'Annunzio: riassunto e commento

L’intreccio, talora ossessivo in D’Annunzio, tra vita e biografia personale raggiunge probabilmente il suo culmine ne Il fuoco, romanzo pubblicato dal fidato editore Treves nel 1900. Il libro trova infatti le sue radici in alcuni eventi capitali della vita reale del Vate: nel 1894, a Venezia, egli incontra, dopo uno scambio epistolare iniziato un paio d'anni prima, la celebre interprete teatrale Eleonora Duse, con cui intreccia subito una relazione sentimentale. L’incontro tra due grandi personalità del panorama artistico e culturale di fine secolo ha conseguenze importanti per lo scrittore: da un lato, egli si dedica progressivamente alla scrittura teatrale (senza risultati notevoli) e si trasferisce nella residenza della “Capponcina”, presso Firenze, per stare vicino alla nuova compagna; dall’altro, attinge a piene mani al tumultuoso legame con l’attrice per allestire la trama del nuovo romanzo, sviluppo estremo della poetica del decadentismo. E sono anche altre le spinte autobiografiche alla composizione: il soggiorno veneziano fornisce lo spunto per la scenografia delle vicende, mentre un viaggio in Grecia del 1895 (sull’onda del crescente interesse per il “mito” della classicità, a seguito degli scavi archeologici di Schliemann alla ricerca della città di Troia) suggerisce quella riflessione sul valore dell’arte per la rinascita e il rinnovamento del tempo presente, secondo suggestioni già affacciatesi nelle Vergini delle rocce.

 

Nel Fuoco, diviso in due libri (L’epifania del fuoco e L’impero del silenzio) il superuomo dannunziano è Stelio Effrena, giovane e brillante intellettuale, che ama Foscarina (palese controfigura della Duse, come Stelio lo è di Gabriele D’Annunzio), famosissima attrice tragica, sullo sfondo di una Venezia decadente e moritura, che ben riassume tutte le contraddizioni e tutte le fascinazioni del decadentismo dannunziano. La costruzione a Roma di un teatro dedicato ad Apollo (con evidente rimando nietzschiano), simbolo della rinascita latina in grado di rivaleggiare con il modello wagneriano di Bayreuth, è la missione superiore cui Stelio consacra la sua esistenza. Foscarina, donna ormai matura che sacrifica la propria personalità all’amore appassionato per il giovane Effrena, sconta poi la rivalità della bellissima Donatella, che condivide gli ideali etici ed estetici e che simboleggia, altrettanto esplicitamente, la forza vigorosa della nuova arte teatrale. Benché Donatella rinunci all’amore per Stelio per curare il padre malato, Foscarina non vede placarsi la gelosia per Effrena, che nel frattempo ha conosciuto l’anziano Wagner, suo mito e termine di confronto assoluto. Solo in un secondo momento la protagonista decide di rinunciare al proprio amore per un ideale superiore (quello artistico, appunto): diventerà infatti l’ancella silenziosa dell’ascesa alla gloria di Stelio e, una volta compiuto il proprio compito, emigrerà oltreoceano. Frattanto Stelio nell’ultima scena trasporta la bara di Wagner alla stazione di Venezia (dove Wagner morì il 13 febbraio 1883) per l’ultimo viaggio in patria.

 

Dal punto di vista stilistico e compositivo, Il fuoco porta alle estreme conseguenze alcune tendenze già presenti ne Il Piacere e nelle Vergini delle rocce: l’autobiografismo più o meno velato, l’immaginario estetizzante e decadente di cui si nutre la fantasia dello scrittore, uno stile d’impatto, costruito secondo le tecniche retoriche dell’elencazione, dell’accumulo e dell’amplificazione insistita di termini ed aggettivi, la centralità del paesaggio, descritto minuziosamente ed attraverso cui tradurre le inquietudini psicologiche dei protagonisti principali.