Il "Canzoniere" di Petrarca: riassunto e analisi

Per introdurre un’analisi dettagliata del Canzoniere di Francesco Petrarca occorre innanzitutto indagare il rapporto tra il suo autore e Dante Alighieri, che costituisce un irrinunciabile termine di paragone - per quanto concerne la produzione in versi - sia per l’autore dei Rerum vulgarium fragmenta che per Boccaccio.

La scelta che lo scrittore compie in relazione ad un modello così complesso ed ingombrante quale quello dantesco è determinante per la storia della poesia occidentale. Se Dante sceglie riunire i suoi testi in raccolte dove questi sono alternati con delle parti in prosa di carattere narrativo (come nel prosimetro giovanile della Vita nova) o dottrinario (come nel suo trattato sulla conoscenza umana, il Convivio), escludendo quindi i testi che non si adattavano a questo modello teorico (come le “rime petrose”), Petrarca agisce in maniera diametralmente opposta.

L’invenzione del “canzoniere” (cioè della riunione organica di poesie e componimenti eterogenei) diventa l’archetipo della raccolta poetica come la intendiamo ancora oggi; per l’autore, il principio aggregatore fondamentale è quello dell’autobiografia in versi, attraverso cui il poeta, sin dal sonetto proemiale Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono, può dare un’immagine ideale di sé, selezionando ovviamente con cura cosa dire e cosa tacere[fn]Celebre in tal senso la definizione di Carlo Emilio Gadda secondo la quale il Canzoniere altro non è che "tutta una bugia ramificata", proprio per la quantità di ellissi e di digressioni con cui Petrarca ramifica la sua esperienza personale.[/fn].

La costruzione del Canzoniere nel corso degli anni trova alla sua fine il significato dell’esistenza del poeta, che, testo per testo, riscrive e riadatta continuamente la propria vita ad un ideale cui egli tende (nel caso petrarchesco, questo ideale è la purificazione dalle passioni terrene, e viene celebrato nella “canzone alla Vergine”). E questa concezione della poesia moderna come narrazione artificiale dell’io è una tradizione che ha nei Rerum vulgarium fragmenta le sue fondamenta imprescindibili.

Il Canzoniere comprende così 366 componimenti, di cui 317 sonetti, 29 canzoni, 9 sestine, 7 ballate e 4 madrigali, che sono da allora le forme canoniche della poesia italiana[fn]È questo un altro indizio della forza con cui il modello petrarchesco si impone nella tradizione.[/fn]. Pietro Bembo, con le sue Prose della volgar lingua del 1525, sancisce poi il primato di Petrarca come modello di scelte poetiche e di stile almeno sino alla poesia leopardiana.

 

Bibliografia dei testi citati:

- H. Bloom, L’angoscia dell’influenza: una teoria della poesia, Milano, Feltrinelli, 1983.
- G. Manganelli, La letteratura come menzogna, Milano, Adelphi, 1985.