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Calvino, "Il barone rampante": riassunto e commento

Introduzione

 

Il barone rampante è il secondo romanzo della trilogia I nostri antenati, e viene pubblicato nel 1957 dalla casa editrice Einaudi. Il nuovo romanzo prosegue il tentativo di Calvino di unire l’ispirazione realistica del Neorealismo con la componente dell’invenzione fiabesca.  

 

Riassunto

 

La storia è ambientata nel Settecento ed è narrata da Biagio, fratello del protagonista, Cosimo Piovasco di Rondò. Il giovane, rampollo di una famiglia nobile ligure di Ombrosa, all’età di dodici anni, in seguito a un litigio con i genitori per un piatto di lumache, si arrampica su un albero del giardino di casa per non scendervi più per il resto della vita. Cosimo dimostra ben presto che il suo non è solo un capriccio: spostandosi solo attraverso boschi e foreste e costruendosi a poco a poco una dimensione quotidiana anche sugli alberi. Il protagonista conosce Viola, una ragazzina di cui si innamora, trova un fedele amico nel cane Ottimo Massimo, e diventa figura popolare per gli abitanti delle terre dei Rondò. Lo stile di vita alternativo di Cosimo si traduce col tempo in un percorso di formazione e maturazione: egli conosce i ragazzini popolani, stringe amicizia col bandito Gian de Brughi (che Cosimo instrada alla lettura, fino alla condanna a morte del fuorilegge), si dedica allo studio della filosofia, arrivando addirittura a conoscere Voltaire per lettera, sventa un attacco dei pirati arabi 1, aiuta dei nobili spagnoli esuli ed organizza gli abitanti in gruppi contro gli incendi boschivi. il ritorno di Viola corrisponde con una felice parentesi sentimentale, presto interrotta però dai fraintendimenti e le gelosie tra il protagonista e l’amata, che alla fine sposerà un nobile inglese e abbandonerà Cosimo. Nel frattempo soffiano anche su Ombrosa i venti della Rivoluzione francese e dell'esperienza travolgente di Napoleone Bonaparte; Cosimo, dopo aver provato a sollevare la popolazione locale, incontra il famoso generale rimanendone tuttavia assai deluso. Il romanzo si chiude allora con l'ultimo colpo di scena: anziano e provato dagli anni sugli alberi, Cosimo non si arrende e non scende a terra, rispettando fino all’ultimo la propria promessa. Al passaggio di una mongolfiera, si aggrappa ad un cima penzolante e scompare all'orizzonte.

 

La prospettiva illuministica de Il barone rampante

 

La vicenda è collocata in un periodo storico preciso, l’epoca dell’Illuminismo e della rivoluzione, ma, come pure ne Il cavaliere inesistente e ne Il visconte dimezzato assume connotati fiabeschi, riproponendo così quella chiave di lettura della realtà - tipica di questa fase della produzione calviniana - tra realismo e fantastico. Ma per Calvino la scelta che il protagonista compie non è una fuga dal mondo, né dai rapporti umani e dalla società: la storia di Cosimo rappresenta infatti la volontà di un uomo che vuole seguire fino in fondo una regola che si è autoimposto, perché senza di questa non avrebbe un’identità da presentare a se stesso e agli altri. Cosimo decide di salire e vivere sugli alberi non come un “misantropo”, ma come un uomo coinvolto nei suoi tempi e che partecipa alla vita degli uomini, agisce altruisticamente e aiuta gli altri; nella consapevolezza che “per essere con gli altri veramente, la sola via era d’essere separato dagli altri” 2.

 

Nella prospettiva della trilogia, si realizza qui l’immagine dell’uomo completo, ipotizzato e messo in discussione ne Il visconte dimezzato e poi nuovamente posto in dubbio ne Il cavaliere inesistente: Calvino, secondo cui la completezza esistenziale si raggiunge con l'adesione volontaria a una “ardua e riduttiva disciplina volontaria”, paragona implicitamente la pratica di vita di Cosimo alla “vocazione del poeta, dell’esploratore, del rivoluzionario” 3, suggerendo così un modello operativo anche a scrittori ed intellettuali del suo tempo. Molti hanno quindi visto in Cosimo il prototipo dell’uomo illuminista, razionale e filantropo, che osserva dall’alto e partecipa alla realtà contemporanea; ad esempio Leonardo Sciascia vede in Cosimo “una sentinella della ragione, vigile e scattante contro tutti i mostri della natura e della storia” 4. In opposizione alla figura dell’intellettuale, Calvino caratterizza specularmente il personaggio femminile di Viola, che incarna la spinta romantica che, “a contrasto con la determinatezza illuminista”, rappresenta “la spinta barocca e poi romantica verso il tutto che rischia sempre di diventare spinta distruttiva, corsa verso il nulla” 5. E tuttavia , nell’interpretazione dello scrittore, la prospettiva di vita di Cosimo non risolve affatto tutti i problemi, ma può semmai lanciare un segnale d’allarme all’uomo contemporaneo:

È chiaro che oggi viviamo in un mondo di non eccentrici, di persone cui la più semplice individualità è negata, tanto sono ridotte, a una astratta somma di comportamenti prestabiliti. Il problema d’oggi non è ormai più della perdita d’una parte di se stessi, è della perdita totale, del non esserci per nulla. 6

1 Nell’episodio perde la vita lo zio Enea Silvio Carrega, complice dei musulmani e da questi ucciso ma che Cosimo, per pietà ed affetto, descriverà poi come un eroe martire.

2 I. Calvino, Nota a I nostri antenati (1960), in Romanzi e racconti, a cura di C. Milanini, vol. I, Milano, Mondadori, 1991, p. 1214. L’autore, in merito ai personaggi secondari, aggiunge: “Il dato che li accomuna quasi tutti è d’essere dei solitari, ognuno con una maniera sbagliata d’esserlo, intorno a quell’unica maniera giusta che è quella del protagonista”.

3 Ivi, p. 1214.

4 “Il ponte”, XII, 1957.

5 Ivi, p. 1215.

6 Ibidem.