Quinto canto dell'inferno

Il quinto canto dell'inferno può essere considerato come una critica all'amor cortese, o alla cattiva interpretazione dei sensi della scrittura da parte di Dante?


il 28 Gennaio 2015, da Elisa Zanoni

luca ghirimoldi il 29 Gennaio 2015 ha risposto:

Ciao Elisa, direi entrambe le cose, proprio perché il canto e l’episodio di Paolo e Francesca si prestano a più livelli di lettura. Da un lato, c’è sicuramente la necessità di Dante di riconsiderare e “revisionare” la sua passata esperienza di poeta d’amore: Dante insomma prende posizione rispetto ad una tradizione letteraria molto importante (quella cortese-stilnovistica) e anche rispetto a se stesso. Con l’episodio dei due dannati - i primi che egli incontra - il poeta mette in luce i rischi intrinseci della concezione dell’amore come esperienza riservata a chi è di “cor gentile”, per i quali il sentimento contribuisce all’elevazione spirituale. Nel caso di Paolo e Francesca questo amore, mediato dal libro “galeotto” e condotto secondo tutti i canoni dell’amor cortese (il “diletto”, il rapporto extraconiugale, il rapporto di vassallaggio tra l’amante e l’amata ecc.), si scontra però ocn una contraddizione grave per il Dante pellegrino della Commedia, ovvero l’essersi tramutato da amore-virtù in amore-passione. Se ciò non toglie nulla all’umana delicatezza della tragedia dei due amanti, tuttavia non può essere accettabile, perché radice di peccato. D’altro lato, questo episodio può essere letto anche come una riflessione amara sul fraintendimento dei testi (sia da parte di Paolo e Francesca sia, con tono di autocritica, da parte di Dante stesso). Il poeta infatti sottopone ad un riesame lo Stilnovo e la sua produzione letteraria giovanile, interrogandosi se tale tipo di testi non siano fonte di pericolo e di sviamento morale, cioè quello che l’ha condotto nella selva delle tre fiere. La lirica d’amore è insomma un’arma a doppio taglio: la vera poesia - come Dante ha fatto con Beatrice nel corso de “La vita nova” - deve celebrare l’amore-virtù, inteso come strumento d’elevazione spirituale verso Dio. L’espressione più alta di questa concezione della poesia si avrà ovviamente con la Beatrice celeste, che guiderà Dante nel Paradiso. Tuttavia, in questo punto della narrazione le cose non sono così limpide e chiare per il Dante pellegrino: non a caso, negli ultimi versi egli è schiacciato dalla “pietade” (v. 140) e cade “come corpo morto cade” (v. 142), come in una sorta di reazione istintiva al dramma che ha appena ascoltato. Spero di aver risposto alla tua domanda, se avessi altri dubbi chiedi pure! Buona giornata! :)


Aggiungo solo una cosuccia: Dante nel canto V dell'Inferno non si limita solamente a "revisionare" la lirica stilnovistica e cortese ( sua e dei suoi contemporanei ), ma anche la lirica provenzale, la tradizione della Chanson de geste e del Ciclo bretone ( Ginevra e Lancelot ). Ciao e buona serata. - Apollonio Rodio 21 Novembre 2015